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I Disturbi dello Spettro Autistico

Cos'è l'autismo?

I disturbi dello spettro autistico sono una categoria di disturbi del Neurosviluppo, ovvero un gruppo di condizioni cliniche che possono manifestarsi nei primi anni di vita del bambino e che si protraggono per tutto l’intero arco della vita dell’individuo, pur cambiando frequenza e intensità nel corso del tempo. Sebbene le cause del disturbo non siano state del tutto identificate con sufficiente certezza si suppone che con molta probabilità possano scaturire da un complesso intreccio di cause di natura ambientale e genetica.

L’incidenza nella popolazione nei vari studi epidemiologici e stata stimata approssimativamente tra lo 0,3% e l’1% con prevalenza nei maschi rispetto alle femmine il cui rapporto è di 4:1.

I sintomi cardine nello spettro autistico sono due:

  • Compromissione nell’interazione sociale e nella comunicazione
  • Un repertorio interessi, limitato, stereotipato e ripetitivo

Da un punto di vista pratico, per quanto riguarda l’interazione sociale, il bambino può avere difficoltà nell’uso di svariati comportamenti non verbali che regolano l’interazione sociale, come la postura, la mimica, l’assenza di contatto oculare con l’interlocutore; l’incapacità di stabilire relazioni con i coetanei e l’assenza di reciprocità col prossimo nel condividere interessi, obiettivi ed esperienze.

La compromissione comunicativa riguarda prevalentemente il linguaggio. In molti bambini con autismo si assiste a un ritardo nello sviluppo del linguaggio o totale assenza. Laddove il linguaggio risulta adeguato invece può esserci comunque una compromissione nella capacità di iniziare e portare avanti una conversazione.

L’alta tipologia di sintomi cardine del disturbo, riguardati comportamenti e interessi limitati e ripetitivi possono tradursi in pratica con una manifestazione nel bambino di una dedizione quasi morbosa verso alcuni tipi di oggetti o parti di oggetti o giocattoli o verso argomenti di interesse del bambino. Spesso è assente il gioco simbolico o simulatorio nel bambino, ovvero il gioco mediante cui il bambino usa oggetti per rappresentarne altri non presenti in quel momento, o recita ruoli diversi dal suo (es. il gioco del dottore, o della mamma e della figlia, o l’utilizzare per esempio un pezzo di legno come telefono).

Anche i comportamenti possono sovente definirsi ristretti, stereotipati e ripetitivi. Tra questi vi sono i manierismi motori (storcere, battere le mani, movimenti di torsione del collo o su altre parti del corpo), l’ecolalia (ripetizione delle ultime parole proferite da altre persone) i rituali o abitudini specifiche a cui si attiene rigidamente, come il voler eseguire sempre gli stessi percorsi o il voler mangiare sempre una tipologia di cibo, scelta per la sua consistenza o il suo colore (selettività alimentare). I cambiamenti di queste abitudini possono procurare estremo disagio nel bambino. Alcuni bambini possono mostrare iposensibilità o ipersensibilità agli stimoli visivi, uditivi o tattili, il che può portare il soggetto a comportamenti di auto-stimolazione che lo gratificano (movimenti ripetuti delle mani, del corpo, dondolio, sbattere giocattoli sulle superfici) o a comportamenti di evitamento (reazioni di panico per rumori comuni).

Oltre alla già citata modificabilità temporale della sintomatologia associata allo spettro autistico si rileva spesso un’associazione con altri disturbi tra cui le disabilità intellettive, l’epilessia e altre condizioni psicopatologiche tra cui l’ADHD, disturbi dell’umore e disturbi della coordinazione motoria.

Grazie a una crescente attenzione negli anni recenti verso la problematica oggigiorno è possibile riscontrare alcuni indicatori precoci del disturbo, i quali possono portare a un intervento tempestivo con miglioramento del Q.I. delle aree cognitive, linguistiche e sociali. Pur variando da bambino a bambino la letteratura ha indicato alcuni segni presenti già nei primi due anni di vita che potendo presentarsi contemporaneamente o meno meritano un’attenzione clinica:

  • Mancanza di contatto oculare
  • Assenza del sorriso sociale (la prima forma di sorriso comunicativo che il neonato mette in atto a partire dal terzo mese con le figure famigliare e ha valenza affettiva, ovvero ha l’intenzione di creare dei legami di attaccamento).
  • Attenzione fluttuante
  • Assenza del gesto deittico, ovvero del gesto dell’indicare, sia con funzione richiestiva (il volere un oggetto, che dichiarativa (l’indicare un oggetto per portare l’attenzione dell’interlocutore su di esso)
  • Mancanza di risposta al richiamo per nome

Tra i predittori di esito più significativi vi sono il Q.I. non verbale del bambino, e le competenze linguistiche. In particolare un Q.I. non verbale inferiore a 50 è associato a una ridotta possibilità che il bambino acquisisca un livello ottimale di linguaggio verbale e un funzionamento sociale adeguato in adolescenza.

In bambini autistici senza disabilità intellettiva associata, lo sviluppo del linguaggio è il maggior predittore di un buon esito sociale.

Va tuttavia precisato che questi criteri clinici non sono gli unici parametri che garantiscono un buon esito ma devono essere supportati da un adeguato livello assistenziale, partendo da un’adeguata esperienza scolastica, e un massiccio intervento di potenziamento delle abilità linguistiche, sociali e cognitive, fino all’assistenza in età adulta per l’inserimento lavorativo.

Interventi per l'autismo

In seguito ad un interesse scientifico crescente verso l’argomento, nelle ultime decadi è stata messa a punto una gran varietà di interventi psicoeducativi che tendono a modificare il decorso del disturbo, tenendo comunque ben presente che la grande variabilità sintomatologica nell’autismo (gravità, frequenza dei sintomi, associazione con altre patologie) influisce anche sugli esiti.

Oggigiorno non esiste una terapia farmacologica che possa direttamente rivertere la sintomatologia legata all’autismo. Gli interventi che agiscono direttamente sono di tipo psicoeducativo: sono interventi comportamentali che stimolano l’acquisizione di abilità cognitive, sociali, comunicative e adattive che possono sostenere il bambino nella sua indipendenza.

Poiché le maggiori difficoltà derivano proprio dai deficit comunicativi sociali, e cognitivi questi interventi hanno come obbiettivo quello di minimizzare l’impatto negativo che tali deficit comportano. Giusto per fare un esempio appartengono a questa metodologia i modelli di trattamento Applied Behaviorv Analysis (ABA), l’Early Start Denver Model (ESDM) e il Treatment and Education of Autistic and related Communication Handicapped Children (TEACCH).

Gli interventi educativi sono a volte coadiuvati da una terapia farmacologica, solitamente utilizzata per trattare problematiche relative ai disturbi dell’umore, all’iperattività, all’epilessia e altre situazioni psicopatologiche associate.

Bibliografia

  • Ricci, C., Romeo, A., Bellifemine, D., Carradori. G., Magaudda, C. (2014) Il manuale ABA-VB –  Applied behavior analysis and verbal behavior, Trento, Erickson.
  • Vicari, S., Valeri, G., Fava, L. (2012). L’autismo. Dalla diagnosi al trattamento, Bologna, Il Mulino.
  • Vio, C., Lo Presti, G., (2014). Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici, Trento, Erickson
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