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Autismo e vaccini: quale relazione esiste?

Il caso Wakefield

Nel “lontano” 1998, nel Regno Unito viene pubblicato sulla nota rivista “Lancet” uno studio del medico inglese Andrew Wakefield. In questo articolo, l’allora medico, affermava vi fosse una correlazione significativa tra l’insorgenza dell’autismo e la somministrazione del vaccino trivalente MPR (Morbillo-Parotite-Rosolia). L’articolo fece scalpore, tanto che la copertura vaccinale in Gran Bretagna contro tali patologie diminuì considerevolmente, ponendo le condizioni di lì a un anno per la diffusione di un’epidemia di morbillo.

A distanza di qualche anno un’inchiesta del Sunday Times rivelò che dietro lo studio di Wakefield vi erano ben altri interessi di natura economica. Il medico era stato retribuito cospicuamente dall’organizzazione Jabs, ente che si occupa di risarcimenti alle famiglie per danni causati da vaccini. Oltretutto, qualche mese prima della pubblicazione del suo articolo, Wakefield aveva cercato di brevettare un vaccino alternativo per il morbillo.

Nel lasso di tempo che va dalla pubblicazione dell’articolo di Wakefield alla pubblicazione dell’inchiesta del Sunday Times, sono stati condotti numerosi studi che hanno cercato di replicare lo studio condotto dal medico inglese. Nessuna di queste ricerche è riuscita a corroborare le tesi di Wakefield.

È vero che diagnosi di autismo e copertura vaccinale MPR sono due fenomeni che per un certo periodo hanno avuto un andamento progressivo. In altre parole vi è stato un periodo in cui per anni sono aumentate le vaccinazioni MPR nei bambini e in contemporanea sono aumentate le diagnosi di autismo. Questo è sufficiente a stabilire una relazione di causa-effetto? Neanche per sogno. Sarebbe come affermare che se in un paese natalità e numero di cicogne aumentano con una forte correlazione tra di loro, sono le cicogne stesse a causare la nascita dei bambini. Il fatto che esista un’associazione tra fenomeni non presuppone necessariamente un nesso causale e tutte le ipotesi per cui due o più variabili sono associate tra di loro devono essere comunque approfondite con altri modelli statistici, se si vuole dimostrare una relazione di causa-effetto.

Per di più col passare degli anni il trend delle vaccinazioni si è stabilizzato poiché ha raggiunto una soglia di copertura vicina al 100% della popolazione pediatrica. In caso di rapporto causa effetto, anche il numero di casi di autismo avrebbe dovuto stabilizzarsi ma a dispetto di tale ipotesi ha continuato a crescere ulteriormente. Al contrario, alla diminuzione della copertura vaccinale, così come avvenuto nel Regno Unito dopo lo studio di Wakefield, avrebbe dovuto corrispondere una diminuzione dei casi di autismo. Cosa non avvenuta.

Nonostante queste osservazioni alcuni studi hanno comunque approfondito la relazione tra gruppi di bambini vaccinati e non vaccinati in base all’incidenza della patologia in ciascuno dei gruppi. I risultati hanno dimostrato che non esiste una differenza significativa tra i gruppi di bambini. Significa in altre parole che la patologia è ugualmente distribuita nei bambini vaccinati e non vaccinati.

Il Thimerosal

Le medesime conclusioni possono essere estese anche al Thimerosal, sostanza con proprietà antisettiche utilizzata come conservante nei vaccini e a cui è stato attribuito un rischio di tossicità da una parte dell’opinione pubblica di. È un composto contenente Etilmercurio che a differenza del quasi omonimo ma tossico Metilmercurio non è soggetto ad accumulo e viene metabolizzato a livello epatico.

Nonostante l’assenza di prove che ne confermassero la tossicità il Thimerosal dal 2000 non è più utilizzato nella produzione di alcuni vaccini.  Probabilmente tale controversia ha contribuito all’eliminazione del composto poiché avendo avuto una così ampia risonanza nella vita pubblica si sarebbe rischiato nuovamente un drastico calo nella copertura vaccinale, con conseguenze molto severe per il sistema sanitario nazionale alle prese con epidemie altrimenti evitabili.

La teoria di "Madre Frigorifero" di Bettelheim

Oltre allo studio di Wakefield si leggono in rete altre ipotesi sulle cause dell’autismo tra cui la teoria psicanalitica di Bettelheim di “madre frigorifero”: essa ipotizza come causa dell’insorgenza del disturbo la freddezza e insensibilità della madre ai bisogni del bambino, con conseguente ritiro del bambino nel suo mondo. La comunità scientifica ha approfondito ulteriormente l’eziologia del disturbo negli ultimi anni. Le teorie di Wakefield e Bettelheim furono smentite. La prima teoria perché si scoprì successivamente che i dati erano stati manipolati per un ritorno economico. La seconda perché negli anni a venire è stato dimostrato come la genetica sia il fattore principale che spiega l’eziologia del disturbo.

Il rapporto GlaxoSmithKline

Da segnalare anche che nel 2014, la GlaxoSmithKline, azienda farmaceutica britannica, aveva prodotto un report diretto alle autorità di vigilanza del farmaco. Questi rapporti sono redatti periodicamente e includono tra le informazioni di un farmaco anche gli effetti collaterali occorsi sia nella fase di sperimentazione che dopo la vendita del prodotto. Nel “bugiardino” del vaccino esavalente Infanrix erano indicati eventi avversi avvenuti in seguito alla somministrazione dello stesso vaccino. Tra questi, erano stati segnalati 6 casi di autismo. Con questo non vuol dire che i casi di autismo sono causati da vaccino ma che cronologicamente le diagnosi si sono presentate successivamente alla vaccinazione. L’azienda infatti deve sottostare al processo di farmacovigilanza per cui qualsiasi sintomo o evento occorso dopo la vaccinazione dev’essere segnalato alle autorità di vigilanza che decideranno se riportare quell’evento tra gli effetti collaterali indipendentemente dal fatto che vi sia una relazione di causa-effetto. Questa è una forma di monitoraggio sul farmaco che serve a studiare effetti collaterali sconosciuti grazie alla rilevazione statistica sistematica degli avvenimenti avversi su un campione della popolazione molto più numeroso rispetto al gruppo sperimentale.

L'autismo: l'intreccio tra cause genetiche e ambientali

Al giorno d’oggi, e allo stato attuale delle ricerche sull’autismo si ritiene con altissima probabilità che le cause della patologia siano di natura genetica.

Attraverso lo studio dell’autismo in gemelli omozigoti e eterozigoti si è rilevato che in gemelli omozigoti di cui uno dei due affetto da autismo, le probabilità che anche l’altro gemello sviluppasse una qualche forma di autismo erano di gran lunga superiori (80% c.ca) a quelle riscontrate in gemelli eterozigoti (10% c.ca). Poiché la differenza tra gemelli omozigoti e dizigoti è nella quota di DNA in comune tra di loro (100% negli omozigoti, 50% negli eterozigoti), le differenze nella probabilità di sviluppare un disturbo dello spettro autistico devono essere spiegate da fattori genetici.

Oltre agli studi su gemelli si è rilevato che in genitori con un figlio autistico il rischio di avere un secondo figlio autistico è di circa 25 volte superiore a quello di una coppia genitoriale con figli senza disturbo.

L’eziologia dell’autismo è quindi spiegata in larga parte da cause di natura genetica sebbene non siano stati individuati tutti geni implicati. Attualmente in persone affette da autismo sono stati identificati un centinaio di geni coinvolti dei quali molti si esprimono nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale. Tuttavia non si conoscono né i processi, né i legami, e né le specifiche mutazioni genetiche attraverso cui tali geni interagiscono tra di loro creando le basi per l’esordio della patologia autistica.

Il disturbo è anche ereditario, ma non direttamente. Cosa significa? Significa che le mutazioni non sono presenti nel corredo genetico del padre ma avvengono ex novo nelle cellule riproduttive. Anche per questo motivo è possibile notare una debole ricorrenza del disturbo nella storia famigliare dell’individuo.

Il fattore genetico spiega l’80% dei casi di gemelli omozigoti affetti da autismo ma non quindi la totalità delle coppie prese in esame. Accanto al fattore genetico quindi dev’esserci un’altra componente di natura ambientale che giustifichi quella percentuale di gemelli omozigoti di cui solo uno ha sviluppato un qualche forma di autismo.

Neanche i fattori ambientali sono stati chiariti del tutto. Si parla di fattori di rischio ma nella comunità scientifica è ampiamente condivisa l’ipotesi che fattori genetici e ambientali agiscano sinergicamente nell’esordio dell’Autismo. Più nello specifico si ritiene che i fattori genetici predispongano l’individuo ad una suscettibilità maggiore per lo sviluppo della malattia mentre i fattori ambientali rappresentino il “trigger” ovvero l’innesco per l’insorgenza del disturbo o l’aggravamento del quadro patologico. Non si conosce ancora la modalità di interazione tra geni e fattori ambientali, tuttavia è stata trovata un’associazione tra autismo e alcune condizioni pre-, peri- e post-natali come l’età avanzata della madre, l’esposizione a infezioni virali in gravidanza, il basso peso alla nascita del bambino, le complicazioni durante il parto etc.

Lo stato dell’arte della ricerca scientifica sull’autismo ci fa ben comprendere come l’autismo sia una patologia molto complessa, scaturita da un articolato intreccio tra variabili genetiche e ambientali ma che non ha alcuna relazione dimostrata con i vaccini o con le teorie psicogene. Il percorso che porta ad un solido modello eziopatogenetico è ancora molto lungo, ma rispetto a diversi anni fa sono stati compiuti enormi progressi nella comprensione della patologia. Ciò ha portato a una diagnosi precoce che pone le basi per un trattamento immediato e intensivo in grado di mitigare notevolmente gli effetti disfunzionali della patologia sulla vita quotidiana dell’individuo.

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