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Dislessia Evolutiva: come riconoscerla e cosa fare?

Ricordate le vostre prime lezioni di guida in macchina? Bisognava tenere sempre a mente tutte le operazioni da compiere: allacciare la cintura, sistemare lo specchietto, togliere il freno a mano prima della partenza. E poi durante la guida? pigiare la frizione, cambiare la marcia, guardare i segnali stradali, cercare di prevedere le manovre degli altri automobilisti. Tralasciando i casi in cui dopo anni di pratica c’è sempre qualcuno che continua a guidare in seconda, anche in autostrada, o c’è colui che a 18 anni è un pilota di Formula 1 mancato, tutti noi all’inizio abbiamo guidato con una certa tensione e fatica. Oggi non ci rendiamo conto di tutte le azioni che compiamo in macchina perché molte di esse sono divenute oramai automatiche.

Questo esempio ci aiuta a comprendere meglio come il bambino dislessico potrebbe sentirsi quando legge. Metaforicamente è come guidare una macchina aggiungendo le difficoltà che abbiamo avuto noi inizialmente al volante, ma che si presentano per molto più tempo.

Nella propria esperienza di genitori sarà capitato a molti di confrontarsi quotidianamente con la realtà scolastica. Colloqui con gli insegnanti, consigli di classe, o scambi di pareri con altri genitori via social. Termini come “Dislessia” o “Disturbi Specifici dell’Apprendimento” sono entrati nel vocabolario di un po’ tutti i genitori, vuoi perché oggi le conoscenze scientifiche sono progredite e vi è una maggiore consapevolezza, vuoi perché qualche mamma o papà vivono direttamente l’esperienza di un figlio dislessico.

Il termine “dislessia evolutiva” indica un disturbo nell’acquisizione dell’abilità strumentale della lettura o meglio nel processo di automatizzazione di tale abilità, senza che vi sia una compromissione del funzionamento intellettivo del bambino. 

Quali sono gli indicatori del disturbo ?

Il disturbo si manifesta con una lettura più lenta, faticata e una presenza maggiore errori di lettura rispetto ai coetanei. Errori tipici possono essere:

  • omissione o aggiunta di lettere/sillabe: es. “parco” letto come “paco”, oppure “foronda” al posto di “fronda”
  • inversione di lettere/sillabe: “vobacolario” al posto di “vocabolario”
  • sostituzione all’interno della parola di lettere con un suono simile o che differiscono tra di loro per piccoli particolari: esempio “m/n”, “t/l”, “c/g”, “p/q”, “b/d”, “v/f”.
  • salto di riga o di parole e completamento errato della parola.

I parametri attraverso cui si valuta il profilo del disturbo sono quindi rapidità di lettura e accuratezza. Queste due variabili possono presentarsi entrambi deficitarie o l’una più compromessa dell’altra. In alcuni casi potremo quindi assistere ad una lettura fluente ma piena di errori, mentre in altri assisteremo ad una lettura più o meno accurata ma lenta e sillabata. In altri ancora avremo una lettura lenta e piena di errori.

Normalmente le regole inziali di lettura della parola comprendono il riconoscimento della sillaba, l’associazione col suono, la fusione di più lettere in una sillaba, e la fusione di più sillabe in un’unica parola. Il tutto mantenendo in memoria le sillabe precedenti, fondendole assieme e pronunciando la parola per intero. Col passare degli anni il bambino non è solo in grado di rendere automatico tale processo velocizzandolo, ma crea anche un magazzino di parole familiari che riconosce in maniera diretta senza doverle leggere per intero. Questo per i bambini dislessici accade molto più lentamente e con un enorme dispendio di energie. 

È molto frequente che il bambino commetta anche errori  di scrittura. In molti casi la dislessia è associata ad altri disturbi come la disortografia. Risulta molto utile perciò l’ispezione dei quaderni al fine di poter valutare se sono anche presenti errori ortografici. 

Caratteristiche della Dislessia e dei DSA

Come esposto precedentemente nell’articolo sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento, anche la dislessia come tutti i DSA ha tre caratteristiche distintive:

  • Innatezza: non è un disturbo acquisito, non dipende dalla pigrizia del bambino o dall’attitudine ma ha una componente genetica. Molti genitori di bambini dislessici hanno a loro volta sperimentato le stesse difficoltà del bambino.
  • Resistenza all’automatizzazione: i processi di lettura non divengono automatici efficientemente. Per il bambino ne consegue un ingente carico di lavoro dal punto di vista cognitivo.
  • Resistenza all’intervento: anche dopo un intervento riabilitativo, i risultati raggiunti si situano al di sotto della media dei coetanei per quanto riguarda la velocità e l’accuratezza della lettura. I cambiamenti ci sono, ma di natura modesta. Diversa è la situazione nel caso in cui vi sia una difficoltà di lettura scaturita da cause ambientali e non biologiche come avviene per la dislessia. In questo caso il bambino con semplice difficoltà tende a progredire più rapidamente nella sua prestazione.

La diagnosi di Dislessia

La diagnosi avviene normalmente alla fine del secondo anno della scuola primaria, ma in casi più severi può essere fatta anche prima di questo periodo. La base del percorso diagnostico è senza dubbio l’anamnesi psicologica. Ovvero tutte quelle domande che il clinico rivolge ai genitori e che sono tese a raccogliere le tappe dello sviluppo più importanti nella storia di vita del bambino. Come in medicina anche in questo ambito è proprio dall’anamnesi che è possibile rilevare eventuali campanelli d’allarme e programmare un successivo e più mirato approfondimento testistico.  Approfondimento che si espleta con la somministrazione di alcuni test e batterie neuropsicologiche che mirano ad escludere determinate condizioni di disabilità generale e a rilevare eventuali situazioni di comorbilità. Nello specifico, per la valutazione delle abilità strumentali di lettura si somministrano delle prove di lettura di brano, di parole conosciute e di parole inventate, queste ultime dette “non-parole”. A seconda delle difficoltà del bambino e della sua età possono essere somministrati altri test che indagano le capacità di riconoscimento e discriminazione visiva delle lettere, o di riconoscimento e manipolazione delle varie parti di una parola. 
Dopo aver effettuato alcuni incontri di valutazione col bambino si potrà giungere ad una formulazione diagnostica, che descriverà il funzionamento cognitivo del bambino, le indicazioni di trattamento e i provvedimenti che la scuola dovrà adottare per facilitare l’apprendimento scolastico nel bambino.

Quando non si può parlare di Dislessia o DSA?

Come anticipato nelle ultime righe del paragrafo precedente ci sono alcune condizioni in cui non si può parlare di dislessia in quanto sarebbe si presente una compromissione della lettura, ma essa sarebbe causata indirettamente da un’altra condizione medica, psicologica o ambientale. Si può parlare di dislessia se non è presente:

  • Disabilità intellettiva/disturbi generalizzati dello sviluppo, o sindromi organiche che spieghino i deficit cognitivi: in questo caso le criticità si riscontrano in gran parte delle aree cognitive, emotive e sociali del bambino, per cui il disturbo della lettura non sarebbe più specifico ma si potrebbe ipotizzare un’altra causa all’origine.
  • Deficit visivi-uditivi: poiché le difficoltà di acquisizione della lettura non sarebbero di natura neuropsicologica ma sensoriale. Se il bambino ha difetti nella vista o nell’udito gli è precluso l’utilizzo dei sensi necessari a leggere le lettere e le parole o a sentirle pronunciare associando i segni grafici ai suoni corrispondenti.
  • Scarsa esposizione all’istruzione scolastica: in questo caso è intuibile che se il bambino non ha neanche modo di poter apprendere la lettura a causa di numerose assenze o a causa di altri problemi sociali o di salute, le basse prestazioni non saranno causate da un disturbo di tipo neuropsicologico ma da un fattore ambientale.

Fattori di rischio

Non è stata individuata una causa che spieghi l’insorgenza dei DSA ma ci sono delle condizioni che hanno un’associazione statisticamente significativa con l’esordio del disturbo. Tra queste vi sono:

  • Familiarità: sappiamo al giorno d’oggi che la causa non è nota ma è possibile ipotizzare con molta probabilità che essa sia di natura genetica ed ereditaria. Sovente nelle famiglie di bambini con Dislessia o altri DSA  vi è qualche genitore che si riconosce nelle problematiche del figlio.
  • Presenza di un pregresso disturbo del linguaggio
  • Esposizione a due o più anestesie dopo il parto e prima dei 4 anni di vita.
  • L’essere maschi, in quanto l’incidenza del disturbo è a prevalenza maschile con rapporto di 2,5:1
  • Storia genitoriale di abuso di alcool o sostanze stupefacenti
  • Esposizione prenatale alla cocaina

Cosa si può fare?

Oggigiorno chi è affetto da dislessia deve convivere per tutto il corso della sua vita con una situazione di difficoltà, tuttavia può trarre grande beneficio da una rete di sostegno che la scuola, la famiglia e i professionisti possono costruirgli attorno. È di fondamentale importanza rilevare il problema precocemente e attuare provvedimenti tempestivi.

Con un allievo dislessico molte volte è la scuola ad accorgersi primariamente del problema segnalandolo alla famiglia. Parallelamente scuola e famiglia, in base alle disposizioni regionali e scolastiche, intraprendono due passaggi: la famiglia provvede a richiedere una diagnosi o all’ ASL di riferimento tramite richiesta del pediatra, o a un centro accreditato, o a un professionista privato. La scuola si attiva per redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che è un documento dove si apportano degli aggiustamenti personalizzati alla didattica dell’alunno in grado di facilitarne l’apprendimento.

Contemporaneamente, al di fuori della scuola, è necessario un trattamento riabilitativo precoce e intensivo sulle aree deficitarie con un professionista specializzato nel trattamento dei DSA, e auspicabilmente un doposcuola specialistico in grado di promuovere un metodo di studio personalizzato per l’alunno con dislessia.

Quando si parla di un disturbo specifico dell’apprendimento, si parla di una situazione cronica anche se col passare dell’età il disturbo tende a compensarsi o a influire in misura minore con l’autonomia e la vita lavorativa dell’individuo adulto. Inoltre in età scolare le difficoltà nella lettura possono essere aggirate attraverso l’utilizzo di una grande varietà di strumenti compensativi che vanno dall’apprendimento per immagini e mappe concettuali/mentali a programmi di sintesi vocale o video-scrittura. Strumenti che non facilitano il compito allo studente dislessico dal punto di vista cognitivo, ma che lo sollevano dalle difficoltà specifiche che ricadono sulla prestazione dell’alunno. Il percorso riabilitativo non porta lo studente ad apprendere meno degli altri ma diversamente dagli altri.

Metaforicamente quando parliamo di DSA, tutti noi, alunni, genitori, insegnanti e psicologi ci troviamo armati di martello davanti a un muro di mattoni in mezzo alla strada: inizieremo a martellare e in alcuni casi potremo buttare giù il muro, in altri potremo rompere solo qualche pezzo ma potremo in qualche modo farci il giro intorno e riprendere la strada.

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